La forza della Memoria


Alle primi luci dell’alba, faceva molto freddo. Erano giorni che mio padre non tornava a casa. Non ho fatto in tempo neanche a chiedere a mia madre dove fosse finito, i turchi avevano portato via pure lei. Non l’ho potuta abbracciare, prima di partire, anche se mi aveva promesso che mi avrebbe raggiunta dovunque. Non  è mai arrivata, ed io non l’ho mai più rivista.  La strada era lunga, e bisognava continuare a camminare. Eravamo solo noi bambini e alcune nonne. All’inizio pensavo fosse solo un gioco, una passeggiata con gli altri. Ma ero stanca, comminavamo da giorni, quando mia sorella é rimasta indietro, dicono fosse svenuta, forse caduta, é sempre stata sbadata, inciampava sempre, mi hanno detto che aveva sete, ma l’acqua non c’era. La rivedremo presto mi disse mia cugina e mi trascinò via, dovevamo andare avanti o ci avrebbero abbandonati. Anche mia sorella non è mai arrivata.
Sono tracce delle memorie di Bahia Boghossian, quattordicenne, fuggita dalla cittadina di Mardin, e accolta ad Aleppo in Siria, dove ha vissuto fino alla sua morte.Era la mia nonna materna.Parlava poco, forse a causa della vecchiaia, ma aveva sempre gli occhi tristi. Quello aveva visto e vissuto era impresso per sempre, e non poteva essere cancellato dalla sua memoria. Il 24 Aprile verrà ricordato come il giorno della memoria del Genocidio del popolo Armeno, compiuto per mano dei turchi durante il periodo Ottomano. Tante zone armene erano sotto l’impero ottomano, ma i turchi guardavano con sospetto gli armeni, tutti cristiani, considerati miscredenti, grandi lavoratori e benestanti, imponendo loro pesanti dazi e tasse. Ma poi iniziarono le persecuzioni, in una sorta di vendetta per le sconfitte militari, li accusarono di tradimento e di collaborazionismo con i russi. Dopo aver arrestato e poi giustiziato tutti gli intellettuali, scrittori, artisti,  portarono via i maschi, lasciando sole donne, anziani e bambini. Oggi, in quei villaggi abbandonati, un giorno territorio armeno, è proibito chiedere, vietato parlare, nessuno può neanche alzare la voce per interrogarsi come mai Chiese, conventi e abitazioni cristiane serrate e chiuse si trovano sotto il regime turco, senza ombra dei loro proprietari, con una chiara decisione di non restaurare quei siti, per cancellare la presenza armena.Pulizia etnica. Ha un nome specifico questo piano progettato e organizzato. Terrorizzare un intero popolo, svuotando interi villaggi, uccidendo gli adulti, fucilando gli uomini, per poi rapire le donne, violentate, sgozzate e crocifisse. Impressionante la foto che mostra una fila di donne nude innalzate sulla croce. Quella che non venne violentata da viva, lo fu da morta. La decisione del governo turco, era annientare tutti gli armeni. 
Dunque chi non muore per strada di fame e di sete, viene poi sepolto vivo, gettato nelle fosse comuni, o annegato in acqua, e allora i capi villaggi di tutto quel territorio, invitarono gli abitanti a non bere più l’acqua dell’Eufrate, contaminato dai corpi delle vittime, che si era trasformato in un fiume di sangue.Gli anziani e i bambini scampati furono costretti a mettersi in cammino, verso il deserto siriano. Le città da Raqqa fino a nord di Aleppo  erano le tappe obbligatorie delle carovane. I siriani, vedendo la crudeltà dei turchi, non esitarono a mettersi contro quelli che si spacciavano per loro fratelli di fede. Tante tribù e famiglie iniziarono a nascondere gli armeni tra i loro figli. Molte di queste famiglie erano di Aleppo, nonostante i tempi duri di grandi carestie e povertà. Oggi si chiama Midan (piazza in arabo) ma allora era un terreno di circa sette ettari appartenente al Signor Haj Mussa Alamiri, un benestante mussulmano che donò questo terreno per costuire baracche ed accogliere i sopravvissuti armeni. Baraccopoli Midan, che mano a mano, per la tenacia e l’intelligenza di quella gente, divento’  un grande quartiere popolare della città di Aleppo. Nel 1921 gli armeni ad Aleppo erano circa 60 mila, su 200mila abitanti. La mia Nonna materna, come tanti armeni sopravvissuti al Genocidio, iniziò una nuova vita, senza mai dimenticare. Oggi il quartiere armeno di Midan é tra i più danneggiati della città di Aleppo, distrutto e devastato, sotto tiro dei razzi e dei colpi di mortaio dei gruppi terroristici delle zone limitrofe. Impressionante come la storia si ripeta, e la malvagità dell’essere umano resti sempre tale. Era una guerra degli alleati, e oggi si compie un’altra guerra degli alleati, altri alleati, ma con le stesse vittime. Quello che vediamo nel nord della Siria non é una novità. I massacri e i crimini seguono uno schema ben chiaro e definito:  massacri, fosse comuni, sgozzare, tagliare le teste, fino alle crocifissioni e ci riporta al passato. Quando è stata assaltata Kassab, la cittadina siriana di confine a maggioranza armena, dai gruppi terroristici infiltrati dalla Turchia, l’ombra di quello che era accaduto agli armeni sembrava si stesse ripetendo.Nel 1915, con la scusa della guerra, ebbe inizio il più grande Genocidio del secolo ; non c’erano la CNN e AlJzeera, qualcuno dice meno male, se no avrebbero manipolato anche lì l’accaduto. Solo le foto del fotografo tedesco Admin Vagner restarono come testimonianza di quella tragedia, insieme  a racconti, testimonianze e memorie dei sopravvissuti.Sono fiero di essere siriano e armeno allo stesso tempo, una combinazione vincente e complementare. Infatti armeni e siriani hanno tanti tratti in comune : tenacia, resistenza, coraggio e forza d’animo.Nonostante siano numericamente pochi, sono stati sempre due grandi popoli.Gli armeni sono un popolo molto fedele, ha due patrie, la sua e il paese che lo ha ospitato e per questo motivo sono rimasti vicini alla Siria e ai  siriani. Ieri come oggi, in Armenia e in Siria. Nonostante i tentativi di mascherare con favole e falsi racconti. La memoria siamo noi : chi non ha passato non può capire il presente, non ha futuro, e finché c’è qualcuno che racconta la storia nessuno la può negare. Quello che è accaduto ieri e oggi non si può cancellare, bisogna ripartire proprio  dal dolore e trovare la forza e il coraggio di rialzarsi e riprendere il cammino. È quello che fanno ogni giorno questi due popoli straordinari. 

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